Leggere, per scoprire che alcune storie che si amano tanto sono solo frutto della fantasia di un regista, non dell’autore dell’Omonimo racconto.

Il libro è sempre meglio del film? Nel caso di Rapporto di Minoranza di Philip Dick non si può dire né l’uno né l’altro: sono semplicemente e radicalmente diversi.

Ho appena finito di leggere il racconto dal quale è tratto uno dei miei film preferiti e, sin dall’inizio, sono rimasta un po’ basita nel constatare la presenza di numerose differenze tra le due storie.

Anderton c’è. Witwer pure. Ma c’è pure la moglie, di Anderton. Non esiste uno Sean scomparso e un Anderton traumatizzato fino al midollo e dipendente da droghe pesanti. Ci sono i precog, ma non sono Agatha, Arthur e Dashiell. Non c’è Leo Crow, la vittima di Anderton è Kaplan. I motivi per cui Anderton deve essere incastrato sono del tutto diversi, pur se si passa attraverso al rischio che la Precrimine venga smantellata in quanto il sistema viene messo seriamente in dubbio dalla vicenda del protagonista.

Ho amato il film per via del dilemma etico che ci mette nelle mani e di come ci viene illustrato il lavoro dei precognitivi: ammesso che le previsioni del futuro siano credibili, è accettabile arrestare qualcuno che ha intenzione di commettere un atto scorretto ma che, di fatto, non l’ha ancora compiuto? La vicenda di Anderton, in entrambe le storie ci dimostra che – se un individuo è messo al corrente di ciò che sta per fare – troverà tutti i metodi per evitare quella via. La sola conoscenza delle intenzioni, basterebbe per invalidare il percorso univoco del destino.

La sequenza del film che ci mostra Anderton che irrompe nella residenza della donna che ha studiato i software della Precrimine è accattivante perché è l’unico momento in cui facciamo conoscenza con il Rapporto di Minoranza che, forse, mi è sempre apparso affascinante solo perché non avevo letto il racconto, dove il concetto è spiegato e illustrato decisamente meglio e in meno battute.

Nel libro mancano parecchi personaggi presenti nel film, semplicemente c’è un Anderton che comprende il complotto facendo alcuni velocissimi calcoli e arrivando ad una soluzione che mi è parsa decisamente meno artificiosa ma del tutto più nitida.

Anderton conclude la storia compiendo il destino che il primo Precog aveva illustrato: uccide l’uomo che era previsto uccidesse e salva l’integrità del sistema della Precrimine, dimostrando semplicemente che i Precog funzionano ma solo ammettendo che carnefice e vittima non conoscano l’esito delle previsioni, dato che la conoscenza del futuro ha come risultato una serie infinita di finali alternativi dipendenti gli uni dagli altri, inficiando del tutto la possibilità di stabilire quale possa essere il rapporto di maggioranza e quello di minoranza, ovvero rendendo impossibile prevedere degli avvenimenti con massiccia certezza.

Guardando il film ho sempre pensato che fosse stato tralasciato questo importante punto: se esistesse davvero la possibilità di prevedere il futuro, non basterebbe mettere a conoscenza una persona delle sue intenzioni per metterla in condizione di ravvedersi e mettere in circolo una serie di avvenimenti che cambierebbero tutto? I precog non avrebbero avuto torto, il concetto della Precrimine non perderebbe validità, semplicemente ammetterebbe una variante in più, che è anche una cosa ovvia.

Se conoscessimo il nostro futuro, saremmo comunque motivati ad agire come facciamo, laddove non sappiamo dove arriveremo?

Entreremmo in un loop senza fine, fino a che – come succede ad Anderton quando ascolta la previsione del terzo precog – non arriviamo a sbattere contro il muro della mancata conoscenza, e lì rimaniamo soli con noi stessi e le nostre decisioni.

Meglio non sapere.

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