Il mondo deve sapere. Ciao Michela.

Negli ultimi due mesi, la morte è stata spietata.
Ha portato via persone che conoscevo o con cui condividevo pochi gradi di separazione.
Il 10 agosto, ci ha lasciati anche Michela Murgia.

Originaria di Cabras, per me è diventata nota poco tempo dopo aver pubblicato Il mondo deve sapere e Accabbadora.
Non ho mai letto il primo per il taglio politico che sembrava avesse, invece ho letto il secondo perché era uscito da poco tempo e pareva che parlasse la lingua di Murgia senza toni saggistici.

Di Michela, se c’è qualcosa che ho amato alla follia – nel tempo – è proprio il taglio saggistico della sua parola, del taglio politico.
E’ lei che mi ha insegnato ad usare questa parola, smettendo di infilarla solo nella frase “io della politica non capisco nulla, non mi interessa né mi piace”.

Michela non c’è più, su questa terra, e da quando ho sentito parlare della sua malattia ho vissuto le giornate con la sensazione che il tempo fosse contato.
Le sue parole e il suo ricordo non si sarebbero potuti esaurire solo con la sua scomparsa, ma l’urgenza di sentire ciò che aveva da dire è aumentato, perché il suo modo di pensare e di esprimersi, in me, creava dipendenza.
Sapeva infondermi sollievo.

Aiutami a capire

Ci sono infiniti video online, il finale di questo è magnifico.
Gli altri meritano altrettanto, fate un viaggio tra le sue parole finché vorrete.

Il mondo deve sapere

Il primo libro di Murgia ritorna in questo periodo alla mia mente, devo leggerlo.
Solo oggi capisco perché abbia aspettato tanto prima di sentirmi pronta ad avvicinarlo.
E’ controverso, potenzialmente capace di invogliare alla lotta e alla protesta intestina.

Sarà che sono in pausa dal podcast, ma ho riflettuto solo ora che – come lei – ho aperto un canale di comunicazione nel quale mi sento fortemente convinta di ciò che dico e che non mi fa sentire, per la prima volta, perduta mentre comunico la mia posizione ideologica.
Ne Il mondo deve sapere, Murgia parla dei disagi di un lavoro che fanno in tanti e contro il quale nessuno aveva mai avuto coraggio di schierarsi prima.

Se penso a Choosy, è esattamente lo stesso.
E’ passato quasi un anno, all’inizio dell’estate 2022 avevo letto diversi post sul calo di domanda di lavoro nel settore della ristorazione – tra cucine sale e bar – e avevo vomitato delle storie su instagram in cui ho raccontato, ancora con la ferita aperta e sanguinante, di quanto sia stato difficile lavorare in quell’ambiente, mantenendo una parvenza di salute mentale, con la convinzione che non sarebbe mai potuto cambiare nulla.
Rassicuro del fatto che ne sia uscita e, proprio per questo, riesco per la prima volta a ritornare con la mente su quell’isola maledetta che sono stati i dieci anni al bar.
Ho continuato a scrivere episodi, raccontare aneddoti e indagato circa la legalità di certe consuetudini.
Sono riuscita a raccontare il mio progetto nella realtà, per la prima volta dico alle persone che mi conoscono cosa io faccia online, suscitando curiosità.

Perché racconto choosy a persone che capisco abbiano bisogno di sentire proprio quelle parole.

Così, Michela Murgia, mi ha trovata.
Avevo bisogno delle sue parole per concretizzare concetti che mi sono sempre risuonati dentro ma non sapevo come esprimere e leggittimare.

Michela, grazie.
Sono orgogliosa di avere il tuo stesso inconfondibile accento.

Lo shop è online!

Niente più sacchetti di plastica, se usi la shopper in cotone brandizzata Choosy (o più di una😝).
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Be ecologic, be CHOOSY😌

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