Vorrei dire “tutto è iniziato quando…” ma non riesco a trovare un punto preciso che definisca il motivo per cui credo di essere arrivata qui.
A Bologna, a fare questo lavoro, aver conosciuto delle persone meravigliose, esser riuscita ad incastrarmi nelle pieghe di una realtà che mi sembra la risposta a tutto.

La risposta al perché sono nata

Mentre le passioni dei miei fratelli venivano intercettate e foraggiate, il mio strambo e pericoloso interesse per lo spettacolo – da bambina – non venne mai indagato, così trascorrevo i pomeriggi in giardino fingendo di esibirmi sul palco di Non è la Rai, immaginando di ballare e cantare in televisione, davanti a giurati di Talent Show che avrebbero dovuto portarmi via da quel mondo senza sogni.

Non lavoro su un palcoscenico oggi, ho imparato a capire che l’occhio della camera preferisco guardarlo dal mirino.
E comunque, quel mondo era pieno di sogni eccome, solo che non potendoli assecondare, li alimentavo.
Fino ad averli fatti diventare grandi quanto dinosauri.

Sono passati due anni da quando ho iniziato a lavorare in Accademia e, dopo un primo anno di pause da pandemia, nel secondo si è costruita la mia posizione.
Ho costruito un negativo nel quale sentirmi l’incastro perfetto.

Perché sono così felice?

E’ davvero così tutto perfetto?
Nonostante l’ovvia esistenza dei CONTRO, i PRO di questa realtà per me vincono la sfida.
Ho lavorato in ambienti malsani, tra critiche, umiliazioni, clima di terrore e ignoranza emotiva e questo mi permette di avere le idee molto chiare su ciò che desidero, mi rende felice e realizzata.
Ecco, tutto ruota proprio attorno a questo: l’incastro tra ciò che serve a me e ciò che questo lavoro mi chiede è perfetto.

Risponde ai miei bisogni

  • Amo essere importante, cruciale per i processi di cui mi occupo e delle persone
  • Amo la formazione, le scuole, l’insegnamento, la cultura
  • Amo lo spettacolo, il cinema e i prodotti multimediali

E’ un ambiente sano per me

  • verticalmente: vige una leadership gentile che stimola produttività, ispirazione reciproca e collaborazione. Gli errori vengono evidenziati per migliorare le prestazioni e correggere risultati, non per umiliare o definire le persone. Il leader delega con fiducia e l’attenzione verso la realizzazione di ogni goal è comunque molto alta;
  • orizzontalmente: siamo stimolati alla collaborazione, non ha alcun valore tradirci o fare la spia di comportamenti altrui. Il capo sa comunque tutto senza necessità di occhi indiscreti, nessuna faida interna viene fomentata e i segreti non sono merce di scambio

Struttura aziendale aperta

  • Il capo è un leader: decide tutto, vuole sapere tutto, ascolta tutti e risolve tutto;
  • Ogni collaboratore è una risorsa perché ha le sue specifiche qualità e caratteristiche. Non siamo numeri, ogni nostra capacità trova collocazione, utilità e gratifica. Tutte le nostre skill sono importanti;
  • Non ci sono schemi: l’Azienda è una culla di idee e creatività, la sua struttura è flessibile, le sue attività e ramificazioni si plasmano attorno a proposte, modifiche, richieste e bisogni del mercato, degli allievi e delle nuove tendenze. Se un collaboratore pensa si potrebbe migliorare qualcosa, il suo parere viene sempre ascoltato.

All’inizio del secondo anno di lavoro, scrivevo su Instagram…

A settembre è iniziato il mio terzo anno e, più proseguo, più trovo nuovi spazi e attività attorno alle quali allargare le braccia.

Piccola Cinzia, hai fatto bene a non disperarti e trovare sempre una soluzione.
Mi hai salvato la vita.

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