Sto passando il mese di agosto in Sardegna, tra mare, vecchə conoscenzə e famiglia.
Non proprio una passeggiata.
Vivere lontani ci fa correre velocissimi su un binario separato, che erroneamente rappresenta tutto, come se il resto del mondo intanto non stia andando avanti con altrettanta velocità e totalmente fuori dal nostro controllo.
Fare i conti con quello che è rimasto “indietro” è piuttosto forte.
La famiglia ha nuove dinamiche, quello che in passato era difficile da dire diventa incontrollabile – tanto abbiamo avuto modo di razionalizzarlo mentre lontani e da soli – qualcosa che speravamo rimanesse nascosto è stat spostato, cambiato.
Ho recuperato un vecchio baule contenente i miei diari.
Li scrivevo da ragazzina, ho iniziato in quinta elementare quando lessi per la prima volta Il diario di Anna Frank, dapprima annotando le giornate a scuola e poi virando più sul personale.
Raccontavo dei ragazzi che mi piacevano – come si vestivano, che dialoghi avevamo avuto o anche solo come e cosa era successo quando li avvistavo da lontano – con dovizia di particolari quasi maniacale.
In alcuni casi, ho sorriso come quando ho ascoltato La mia Smemo di Fosca Donati non ricordandomi di quanto ci si esprima in modo solenne e ridicolo quando si hanno quindici anni, in altri mi sono resa conto di avere dei ricordi fortemente distorti.
Infine, ho ritrovato le cronache dei miei incontri avvenuti con tutti gli uomini che ho avuto nella mia vita.
Fino a mio marito.
Avrei voluto avere più tempo per rileggerli, invece quei diari li ho maneggiati solo per farli sparire, una volta per tutte.
Troppo compromettenti.
Io sono lontana.
A volte credo di non appartenere più a questa terra anche se non ho ancora messo radici concrete a Bologna, poi vengo a trovare la mia famiglia o risolvere questioni in sospeso e ogni volta mi esplode il cuore.
Ho casualmente trovato un gioco da tavolo che avevo costruito a mano ispirandomi a Cluedo, usando personaggi e trama del telefilm Veronica Mars.
Ho provato tenerezza.
Sono stata felice, illusa che tutto fosse perfetto perché frutto di scelta e di tanta fatica, il che in parte era vero.
Provo spesso malinconia adesso, visto che la volontà di chiudere la relazione è stata mia, la parte bella del matrimonio viene fagocitata dal grande spettro del fallimento.
E’ possibile dimenticare o archiviare tutto nel cassetto delle esperienze, portando addosso solo la migliore lezione che si possa trarre da una porzione di vita che abbiamo creduto essere la scelta definitiva?
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