37 settimane: termine della gestazione.
10 mesi: primi passi e, volendo, anche le prime paroline.
6 anni: voglia di imparare, scoprire ed esplorare il mondo.

Poi ci sono gravidanze che terminano oltre le 40 settimane, bambini che iniziano a parlare a 8 o a 13 mesi e fanciulli che in prima elementare sono più o meno pronti ad aprirsi al mondo.

Le tappe della crescita meritano di essere prese in considerazione o rischiano di essere unità di misura di inevitabili fallimenti?

Ci ho riflettuto quando ho deciso di cambiare stile di vita e prendere un volo di sola andata che mi ha portata “dall’isola al continente“.

Sono cresciuta con il mantra “ogni cosa a suo tempo” che, tra gli effetti collaterali, ha provocato una certa resistenza al cambiamento.
Durante una chiacchierata casuale, ho sentito parlare di indecisione patologica, i cui sintomi mi sono sembrati subito familiari.

Sembrerebbero argomenti diametralmente opposti, tuttavia l’intento dietro il mantra di cui sopra nascondeva la speranza di portarmi a procrastinare ad libitum il momento in cui mi sarei messa in gioco nella vita, il che rassicurava i miei ma ha reso me particolarmente impreparata.

Ecco che, nonostante abbia volontariamente cambiato habitat venendo a Bologna, adattarmi non è stato un passaggio automatico.

Chi ascolti la mia storia esclama “Wow, che coraggio, hai lasciato tutto per migliorare la tua vita” e mi inserisce “sotto la colonna” delle persone smart.

Il che non è del tutto scorretto.
Non avete mai visto una Smart con il motore diesel?

Ecco, non vado alla velocità che avrei sperato e che tutti si aspetterebbero da me.

Ero sicura di essere pronta a rivoluzionare tutto ma l’orgoglio mi ha divorata a lungo quando ho capito di dover anche cambiare punti di vista e modi di pensare.

C’è un momento giusto per ogni cosa?

La risposta mi ha tormentata a lungo finché non ho capito che era la domanda ad essere sbagliata.
C’è un momento prima del quale non si possono fare certe cose – una sorta di spartiacque – oltre il quale potremmo essere “pronti” per esplorare e, allo stesso tempo, dovremmo essere disposti ad accettare un eventuale fallimento.
…ma dove sta quello spartiacque?

Avere la possibilità di sbagliare è un privilegio sottovalutato e, quando si manifesta il primo barlume di coraggio, si dovrebbe semplicemente assecondarlo, sperando che, chi ci ama, abbia l’audacia di lasciarci andare per poi accoglierci in caso di rovinosa caduta.

L’essere umano ha caratteristiche animali, ma la ragione e i sentimenti spesso prendono il sopravvento così, argomenti primordiali come lo svezzamento, assumono connotazioni di vario tipo, generano discussioni e addirittura seguono un iter diverso secondo cultura e luogo geografico.

La guida verso l’età adulta è una cosa universale?
C’è un solo metodo per crescere un figlio?

Siamo tutti adatti ad essere genitori?

Ancora una volta, argomento delicato e domanda troppo diretta.

Piuttosto – e non credo di offrire una soluzione ma di aprire un nuovo vaso di Pandora – siamo capaci di smettere di essere figli?

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