Perché sono sempre stata una tronca-relazioni agile ma, quando si tratta di lavoro, abbandono il campo con difficoltà, quasi si trattasse dell’ultima spiaggia?

Una prima risposta potrebbe essere che non ho mai avuto paura di rimanere single ma la prospettiva di rimanere al verde non è altrettanto inoffensiva

Eppure il lavoro è ovunque e la mia recente esperienza lo dimostra in pieno ma il tempo indeterminato mi aveva messo il paraocchi e con quel “per sempre” avevo smesso di guardarmi intorno.

Insomma, lasciare un lavoro perché qualcosa non funziona mi porta ad osservare il bicchiere mezzo vuoto, come se davanti ad una relazione sbagliata non mi decidessi mai di chiuderla per paura di rimanere zitella.

Non mi ha mai sfiorato la paura di stare sola: ne ho bisogno, ho passioni che alimento e mi darebbero da fare per tre vite, non ho idea di cosa significhi sentire la solitudine.

Sarebbe bello provare la stessa confidence mentre si ha per le mani il lavoro sbagliato

Non perché essere disoccupati sia uno spasso o perché siamo totalmente incoscienti e scommettiamo di trovare qualcosa di meglio dietro l’angolo…

Piuttosto, sarebbe bello se nel nostro cervello fosse compreso di default un ingrediente magico che non ci faccia sentire arrivati nonostante il lavoro fisso, la laurea o, appunto, una relazione stabile.

Se, anziché adagiarsi, fosse normale sentirsi sempre in sfida, sulla piazza e precari, saremmo sempre pronti a cambiare!

Si potrebbe pensare che la mancanza di posti di lavoro disponibili sia la causa di questa mentalità; in realtà, purtroppo, è che prima dovremmo essere abbastanza consapevoli di quali competenze abbiamo, che tipo di professionalità siamo sicuri di possedere e che valore aggiunto possiamo offrire ad un’azienda .

Siamo capaci di fare un brand di noi stessi, costruendo un pacchetto vendibile, appetibile, versatile ed eclettico?

Diventasse usuale curare la propria professionalità in questo modo, nessuno potrebbe essere sfruttato, svalutato o buttato fuori per scarso rendimento.
Ognuno potrebbe offrire il suo bagaglio e stabilire la cifra che reputa migliore per metterlo a disposizione.

Le tutele di cui si gode con un regolare contratto da dipendente sono armi a doppio taglio: diritti fondamentali che dovremmo ricordare di percepire sempre come privilegi non scontati, non per sempre e non inossidabili.
Non rinunciabili o inutili, assolutamente, ma da trattare con i guanti, dando loro il giusto peso.

E’ una questione di mindset e cultura nella quale siamo cresciuti e immersi.

E’ possibile cambiare qualcosa?

Non si clicca un pulsante, ma attraverso un percorso specifico, diventa un traguardo raggiungibile.

Cosa ho fatto io?

Ho chiesto aspettativa
Non avevo un nuovo lavoro dietro l’angolo e neanche un’idea chiara di che campo avrebbe potuto entusiasmarmi davvero e che mi avrebbe portato fuori dal burn-out nel quale ero piombata.
Due problemi sovrapposti che mi hanno a lungo privata del coraggio di rassegnare semplicemente le dimissioni.
Mi sono, quindi, data del tempo: non ero retribuita, ma il mio contratto era ancora in essere, come un paracadute mentale anche se ero certa che non sarei mai tornata indietro.

Ho cercato lavori precari
Pulizie domestiche e babysitting pagati con voucher [ci sono tantissimi lavoretti per dare un restart alla propria vita, corri a leggere il post he ho scritto sull’argomento] più un part time a prestazione occasionale.
I giorni liberi li pattuisco con i miei diversi datori di lavoro, secondo loro e mie esigenze, mi rapporto a persone, mi espongo ed interesso alla situazione, non faccio solo una piccola parte ma rendo questi lavori vivi perché se salta una giornata perdo potenziali guadagni e se non rendo e onoro il servizio che offro, metto a rischio gli accordi.

Essere precaria, di nuovo, era ciò di cui avevo bisogno!

Sfrutto questa nuova instabilità stabile per pensare al futuro: questa situazione è consolidata ma non durerà per sempre, così dovrò sfruttarla al meglio per scegliere una strada e andarle incontro.

Spargo la voce, mi guardo intorno, conosco persone
Non ho mai creato connessioni con lo scopo di trovare il mio posto nel mondo, mi faceva sentire poco sincera.
Mi sono resa conto che fosse un punto di vista un po’ estremo.
In fondo, la tendenza all’interazione è assolutamente umana e molto spesso è naturale trovare possibilità semplicemente chiacchierando e raccontando, con molta umiltà, di essere disponibili ad imboccare strade ancora non percorse.

Avete mai avuto bisogno di fare tabula rasa e ripartire?
Conoscevate già il significato del burn-out da lavoro?

Se vi va, parliamone…

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