Quando è iniziato il mio isolamento, una persona con cui ho parlato al telefono mi ha detto “non ti sento molto turbata dal fatto che passerai quindici giorni chiusa in casa”.
Aveva ragione, non mi ero preoccupata neanche di nasconderlo.

E’ un’abitudine che ho sin da bambina, quella di trovarmi ciclicamente chiusa in un tunnel e passare il tempo ad arredarlo.

Ho scoperto la mia creatività tra infanzia e adolescenza dato che, vivendo in periferia, non era pratico avere un’attivissima vita sociale.

La macchina da scrivere ricevuta per il Natale dei miei undici anni non è mai rimasta in un angolo: passavo interi pomeriggi a buttare giù idee e cercare temi da approfondire.

Ho imparato a non temere la solitudine: è diventata mia alleata tanto che, quando non c’è, mi manca terribilmente.

Ho letto, senza molta sorpresa quindi, diversi articoli di blogger famose che riportano la stessa testimonianza.
Totalmente convinte fosse un pensiero impopopolare.
Con loro sorpresa, hanno ricevuto diversi commenti favorevoli.
A me non è parso per niente strano.

Era chiaro aspettarsi il dissenso delle persone che hanno subito danni economici derivanti dalla quarantena ma, presa per quella che è, epurandola da tutto il resto, la clausura è per forza una cosa negativa?

Piccoli momenti in famiglia

Io lavoro in un bar, mio marito in un ristorante.
Lui passa intere giornate al lavoro, prepara cene e pranzi per tantissime persone, ha fantasia, estro, esperienza, organizzazione e conoscenze.
Ed io non lo sapevo.

Siamo entrambi in cassa integrazione e uno dei due “stipendi” fatica ad arrivare nei tempi previsti, non navighiamo nell’oro, non abbiamo il culo parato.

Ma.
Se non avesse preso una pausa, avrei continuato a perdere occasione di essere io la persona per cui prepara la cena, un piatto particolare ed impiattato con cura e attenzione.
Quando ha il giorno libero – nei periodi in cui lavora – spezza la routine e si ritaglia il tempo per se, evitando di ripetere le attività che compie ogni giorno.

Un pomeriggio mi ha detto: “oggi faccio il gelato”.
E sono rimasta qualche minuto a chiedermi come mai non sapessi ne fosse capace.

Due o dieci anni insieme, non si smette mai di conoscersi e la consapevolezza arriva in piccoli scorci di quotidianità come questo.
La vita frenetica riempie il cervello di false certezze, sapevo di non conoscere ogni minimo particolare, eppure mi sono dovuta fermare a ragionarci sopra, un pomeriggio mentre maneggiavamo uova e latte, decidendo se preparare un vero “gelato” o un “semifreddo”.

Mi ha spiegato la differenza e i perché e mi ha ricordato che, qualche volta, si può “perdere” del tempo scambiando informazioni che non sapevamo di volere.

Ha ripreso a coltivare la terra.
Convinto che l’isolamento forzato fosse solo l’inizio di un periodo di regressione, ha deciso di creare un orto per produrre autonomamente ortaggi da consumare in casa.
Ogni giorno controlla l’evoluzione delle piantine, il germogliare dei semi messi in acqua e sposta i vasi che hanno bisogno di luce, buio e ambiente secco nelle varie fasi della giornata.

Nuova routine giornaliera

Ho letto che, per molti, stare fermi in casa, inattivi, senza scadenze e consegne, ritmi imposti dalla vita di tutti i giorni, è significato sentirsi persi, senza stanchezza, senza sonno, con l’insonna a minacciare le loro notti.

Io ho ritrovato il gusto di svegliarmi presto e non sentire il peso del tempo passato a fare qualcosa per me.
Non essendoci qualcosa di impellente, di “più importante” da fare fuori, ho costruito un’impalcatura di abitudini e impegni e sono tornata indietro in quegli anni in cui sono stato tutt’altro che inattiva ma che, ancora, potevo rimandare gli impegni inderogabili a data da destinarsi.

Siamo così abituati a sentirci in colpa quando scegliamo di avviare progetti personali e senza uno scopo immediatamente redditizio che, quando si ha una casa da pagare e la macchina da assicurare, il processo di nascita di tali progetti si ferma al primissimo step: quello in cui siamo i primi giudici di noi stessi e ci autoboiccottiamo.

Ora possiamo farlo, siamo autorizzati, ci è permesso.
Messa in questi termini ha le sembianze di una disfatta, ma è la verità.
Il mondo ci giudica e guarda dall’alto costantemente.
Non lo fanno le persone, purtroppo: è il meccanismo, l’ordine naturale delle cose.

Ecco perché in tanti hanno avuto paura di esternare le piccole soddisfazioni della solitudine e la paura di essersi assueffatti troppo a questa quarantena.

Credo, piuttosto, che sarebbe pensiero di più persone se non fosse che – dalla giostra del DOVREI – non siamo riusciti a scendere tutti tanto facilmente.VISIT WEBSITE

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