Tipologia B: Saggio breve – Articolo; Ambito socio-economico

Traccia Ufficiale

I giovani e la crisi

La crisi economica è solo un invenzione. Di pigri, truffatori, svogliati ed egoisti.

Per i giovani il lavoro c’è e i contratti a tempo indeterminato sono un obbiettivo ancora raggiungibile.

La prima frase sarei anche pronta a ritirarla – perché altrimenti renderei vera la convinzione generale sul fatto che avere un contratto a tempo indeterminato “dia alla testa”, oltre che dar ragione a chi sostiene che i giovani baciati da un momento fortunato credono di avere il mondo in mano e sono troppo arroganti, dimenticando di cosa significhi non trovare un posto nel mondo.

La seconda invece no: sono veramente convinta che noi giovani abbiamo tutte le risorse per risorgere dalle ceneri dello sconquasso economico che attualmente sta attraversando il nostro paese.

Non c’è spazio per i sogni, è vero.

Non c’è spazio per chi desidererebbe entrare alle dipendenze di un’azienda, dare il meglio di se e ottenere i giusti riconoscimenti, salendo di grado man mano che gli anni vanno avanti, e scalare posizioni facendo carriera senza dare gomitate, in piena onestà.

Per le persone innocue e pùre lo spazio vivibile si è pericolosamente ristretto, se non completamente annullato – a favore della strada troppo spianata che ormai hanno ottenuto tutti coloro che sono disposti a guerreggiare utilizzando mezzi accettabili e non.

Non c’è tempo per chi nasce con il desiderio di affermarsi nel mondo dell’arte – nell’ambito del proprio talento – e avrebbe bisogno di sopravvivere degnamente al periodo di gavetta utile a farsi conoscere solo per le proprie capacità senza doversi avvalere di una “fama da copertina” – nel territorio locale, se non nazionale – che invece accelererebbe l’intero processo di sfondamento nel mercato di larga scala, a discapito di chi non utilizza mezzucci e aspetta solo di essere osservato casualmente e fortunatamente da qualcuno che confida in lui.

Sono cambiati i tempi rispetto al periodo in cui la crisi corrispondeva al momento precedente al boom economico; questa è la porzione di parabola discendente e la crisi odierna corrisponde niente meno che ad un momento leggermente migliore rispetto a quello che arriverà: ancora più difficile, ancora più duro, ancora più forte da sostenere.

Se fosse impossibile sopravvivere a situazioni dure, tuttavia, non ci sarebbe nessuno vivo che porta le testimonianze delle guerre mondiali e la vita si sarebbe estinta in seguito alle varie terribili sciagure che si sono abbattute in tutti i tempi.

Per ogni terremoto ci sono stati i morti, ma anche i superstiti.

Per ogni scontro mondiale, ci sono quelli che possono ancora “raccontarcelo”.

Anche per questa crisi ci sarà chi potrà parlarne e dire “Io l’ho vissuta, l’ho attraversata e sentita sulla mia pelle, l’ho anche sconfitta!”.

Perché questa crisi finirà e chi può mandarla a fondo siamo proprio noi: i giovani.

I giovani ai quali vengono negate le possibilità di lavorare, se non hanno abbastanza esperienze professionali alle spalle, o se hanno troppa capacità nelle mani. Troppo dispendioso pagare loro il dovuto salario, in entrambi i casi.

Tuttavia ci sarebbe una piccola stradina, un viottolo soleggiato di cui lo stato non si preoccupa di pubblicizzare l’esistenza, che i giovani possono percorrere con l’intenzione di raggiungere la vetta del contratto di lavoro a tempo indeterminato; se può considerarsi, quello, il modo unico per sopravvivere alla crisi economica…

C’è, infatti, anche chi chiama crisi il lavorare in un ambito che non ama, che non corrisponde ai sogni che aveva per se sin dall’infanzia. Ma tale fatto è paragonabile al lamentarsi di quanto pesino migliaia di monete d’oro in tasca, mentre si sopravvive di quelle stesse o, come si usa dire, è come sputare nel piatto dove si sta mangiando.

C’è da dire che, a prescindere da qualsiasi messaggio di stampo ottimistico o manifestazione di forza d’animo utili a non affossarsi nella depressione così tanto pericolosa di questi tempi, ai numeri non si può non guardare in faccia.

Da un articolo di Mario Sensini, pubblicato sul Corriere della Sera l’8 aprile 2012, rileviamo alcune testimonianze numeriche schiaccianti: “negli ultimi tre anni, la crisi dell’economia ha lasciato per strada più di un milione di giovani lavoratori tra i 15 e i 34 anni […] Tra il 2008 e il 2011 l’occupazione è scesa di 438 mila unità […] La diminuzione dei giovani occupati ha riguardato sia gli uomini che le donne, più o meno nella stessa proporzione (meno 622 mila posti di lavoro tra gli uomini, meno 432 mila tra le giovani donne)”.

Parliamo di una triste parità, di una leggera tendenza alla disoccupazione più maschile che femminile e del fatto che i giovani, nelle prime fasi del loro approccio al lavoro, si trovano nella terribile situazione di precarietà che impedisce qualsiasi pianificazione futura, per la costruzione di una vita personale e indipendente, rendendo impossibile che chiunque voglia scollarsi di dosso la targhetta di “bamboccione” raggiunga i mezzi per farlo.

Mentre Sensini ci racconta una realtà numerica che non raccoglie alcun rimprovero nei confronti di nessuna classe, la 45° edizione del Rapporto Censis sottolinea che una percentuale – anche se non elevata, solo l’11,2% – di giovani tra i 15 e i 24 anni non è interessata né a lavorare, né a studiare.

In un mondo in cui tutto o è bianco o è nero, non dovrebbe esserci nemmeno questa bassa percentuale, dato che non è giustificata una vita in cui non ci si rende autonomi perché non lo si vuole, per precisa scelta: solo perché è più comodo essere mantenuti.

Questo 11% è sicuramente la percentuale di ultimi figli di papà rimasti, che possono anche prendere una decisione simile, ma si troveranno a vivere la crisi domani, non premunendosi perché carichi della speranza/convinzione di averla bypassata ora.

Altra interessante testimonianza del Rapporto Censis riguarda l’anzianità aziendale che è elevatissima: più del 50% dei lavoratori italiani, infatti, lavorano da più di dieci anni nella stessa azienda e, a proposito di aziende, è un fatto risaputo che tra i giovani la figura dell’imprenditore non ha più lo stesso appeal di prima.

L’unica soluzione proposta, che è appoggiata dal 23% dei giovani, è il trasferimento all’estero, dramma che viene comunemente chiamato “fuga dei cervelli”.

Dramma perché, dopo anni dalla fuga dall’Italia, scopriamo che certe giovani menti hanno trovato la fortuna e la pace all’estero. Oltre a guadagnare soldi per vivere un’esistenza dignitosa, sono elementi fondamentali per lo sviluppo delle nazioni che sono andati ad abitare, e per le scoperte che, dotati dei giusti mezzi, sono arrivati a fare.

Regalare una mente brillante ad una nazione estera è come farsi derubare di quelle monete d’oro tanto pesanti ma così preziose di cui sopra, piatto ricco sul quale uno stato non dovrebbe mai sputare.

La propaganda secondo cui i giovani sono convinti che lo studio sia il miglior metodo per essere introdotti nel mondo del lavoro è un’altra carta che, se in passato costituiva una certezza, oggi non significa nient’altro che “rimandare”: rimandare il momento in cui il mondo del lavoro chiuderà loro le porte in faccia, per quei primi due annetti buoni in cui ci si candida, sperando che il buon voto di laurea ottenuto possa servire ad entrare più semplicemente nel “giro”.

Le statistiche ISTAT riportano, infatti, una realtà non positivissima, soprattutto per i “nuovi laureati”.

Le persone che svolgono un lavoro che corrisponde al percorso di studio intrapreso non costituiscono la totalità e – anche laddove esista la coerenza tra titolo di studio e impiego che si svolge, il 69% – si parla di persone che hanno seguito corsi di laurea lunghi (quindi, parliamo di laureati con il vecchio ordinamento), contro il 65% dei laureati con corsi triennali.

C’è, inoltre, un 20% di laureati in corsi lunghi che svolge un’attività completamente scollegata dal percorso di studio fatto, contro il 21,4% di laureati in corsi brevi nella stessa situazione.

Sembra quasi che le lauree triennali non siano prese più sul serio, d’altronde la figura del titolo di studio stesso – la laurea – non è più così importante come era prima. Se contiamo che capita anche che, chi studia matematica per almeno tre anni, si potrebbe ritrovare a fare il commesso o, più genericamente, l’umanista… si potrebbe pensare che spendere soldi sull’investimento di laurearsi sia uno spreco completo.

E’ uno dei motivi per cui i giovani studenti che, durante la pausa tra il primo e il secondo anno, cercano un lavoretto per mantenersi, decidono di abbandonare definitivamente gli studi per dedicarsi anima e corpo ad incassare soldi, anziché spenderli in tasse annuali e fotocopie di dispense universitarie.

Internet pullula di immagini sull’argomento, compresa la caricatura di una bilancia che sui due piatti ha una chiave da operaio e dei libri. Pesa di più la chiave: è più importante la forza delle braccia che la forza della cultura.

In un regime in cui prestarsi fisicamente, con forza e instancabilità, è la scelta primaria, vincerà solo chi è disposto a sacrificarsi di più – facendo a meno di momenti di pausa, non pretendendo giorni di riposo, ferie, e facendosi sfruttare senza farsi valere per le sue capacità uniche individuali – portando il regime a basarsi su condizioni critiche: chi più fa a meno dei propri diritti, è il migliore, il preferito, il candidato più apettibile per essere assunto.

Chiunque accetti una condizione del genere non si rende conto che, privandosi nel presente di pretendere i diritti riconosciuti dalla Costituzione e dal Codice Civile, si sta costruendo un futuro in cui non potrà mai più chiederne il riconoscimento, se non attraverso guerre e rivolte.

Faticare a lungo per svolgere in condizioni inumane un lavoro che si da il caso si spera di mantenere il più a lungo possibile è un paradosso, sia che si parli di diritti e doveri tra dipendente e azienda, sia che si parli del compito e dell’ambito in cui si è impiegati.

Steve Jobs, nel suo famosissimo discorso agli studenti di Harward, incita i giovani a seguire le proprie passioni, a vivere la propria vita, “non quella di qualcun altro”, non perdere tempo e non lasciarsi intrappolare dai dogmi.

In poche parole, stimola i giovani ad impegnarsi per trovare un lavoro che sia anche la propria passione di vita, di rispondere sempre a se stessi, di comunicare con il loro IO interiore, non tradendolo mai.

Il percorso si divide in due direzioni fondamentali e discordanti.

Chiunque abbia scorto il “vicoletto” – quello poco pubblicizzato dallo stato di cui accenno sopra – e chiunque abbia sentito il cuore vibrare leggendo/ascoltando le parole del “padre dell’iPhone” appartiene alle due fazioni contrarie.

Il vicoletto che lo stato ha coperto di asfalto rendendolo praticabile da molti giovani i cui requisiti corrispondono non è poi così tanto scomodo, ammesso che non si abbia una passione, una strada precisa che vale più di qualsiasi altra certezza contrattuale.

A favore di tutti quei giovani rimasti disoccupati per un periodo documentabile che supera i 24 mesi c’è la legge 407/90 che conferisce un’agevolazione fiscale di 36 mesi per il datore di lavoro che assume a tempo indeterminato il suo dipendente.

E’ solo grazie a questa legge del 1990 che moltissimi ragazzi tra i 20 e i 30 anni vedono proporsi un contratto che, per definizione, assicurerebbe loro l’impiego a vita, nonché la possibilità di poter compiere importanti passi di crescita e investimento per il proprio futuro: la richiesta di una finanziaria per compare una macchina e, in seguito, anche di un mutuo destinato all’acquisto della casa di proprietà.

In caso di licenziamento per riduzione dell’organico, si ha il diritto di essere iscritti alle liste di mobilità che, per il datore di lavoro cui si presentano in seguito, costituisce un requisito preferenziale per l’assunzione.

C’è un circuito di leggi che permette la regolarizzazione a condizioni più che discrete per chiunque abbia la volontà di lavorare e mantenere un qualsiasi impiego.

Per molti giovani, la conquista di un’assunzione a lungo termine costituisce un importante traguardo, per altri – coloro che seguono il mantra di Steve Jobs – ottenere un indeterminato come baristi o semplici commessi non ha significato, non ha importanza, se non possono vivere, anche nelle ristrettezze, dell’attività che li tiene costantemente vivi perché felici di svolgerla.

Queste due importanti scuole di pensiero sono il nostro presente e sono le due fazioni che, in modo diametralmente opposto, affrontano la crisi economica contro la quale usciranno vincitori perché a favore loro c’è la giovinezza e la forza, l’invincibilità, la caparbietà, la speranza di vivere, di sopravvivere alle guerre e al traguardo dei trent’anni, per poterlo raccontare e, alle condizioni che ciascuno sceglie, affermare di averla passata e sorpassata.

Grazie per essere arrivatə fin qui ❣ Ti piacerebbe contribuire?

Lo shop è online!
Niente più sacchetti di plastica, se usi la shopper in cotone brandizzata Choosy (o più di una😝).
Bevi il cappuccino? non inquinare con il take away, usa la tazza in ceramica o porta con te la borraccia in alluminio per avere sempre acqua fresca e salvaguardare l'ambiente!

Be ecologic, be CHOOSY😌
Ho aperto Patreon
Sicuro, veloce e senza stress ;-)

Piccoli abbonamenti per GRANDI ricompense

Infinitamente grata!
Su Ko-Fi puoi offrirmi SIMBOLICAMENTE un caffè
Buy Me a Coffee at ko-fi.com
Ko-fi è una piattaforma sulla quale potrai, in totale sicurezza e velocità, farmi una donazione super contenuta e super importante! Sì, va benissimo 1€!
Sono infinitamente grata che tu ABBIA DECISO di contribuire al mio progetto! Sei speciale!
...o trovi che Paypal sia più comodo e sicuro?
In effetti, chi non ha il conto Paypal ormai?
Potrebbe essere un sistema migliore per te, e anche per me, dato che posso impostare importi personalizzati!
Se non ti piacciono le cifre tonde, scegli tra la busta numero uno, numero due e numero tre e clicca!
Per me è un privilegio che tu abbia deciso di aiutarmi!

Grazie!
0,992,994,99

...e che dire di Satispay? (c'è anche il cashback!)Sai che moltissimi esercizi commerciali convenzionati con Satispay rilasciano un cashback?
Iscriviti subito e usa il codice CINZIACORDA1 per ricevere un bonus di iscrizione di 5€ o, se sei già iscritt*, puoi farmi una donazione dell'importo che preferisci.
Per me è comunque un immenso privilegio che tu ABBIA SCELTO di contribuire, GRAZIE!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.